Se svolgi la funzione di amministratore del tuo condominio, è legittimo domandarsi quanto dovrebbe essere il tuo compenso secondo la normativa italiana e le prassi più diffuse. Il punto centrale è che il lavoro di amministratore, oltre a essere complesso e caratterizzato da grandi responsabilità civili, fiscali e penali, è regolato sia dal Codice Civile sia dalle consuetudini professionali, senza però la presenza di un vero e proprio tariffario nazionale imposto dalla legge.
Il quadro normativo di riferimento
Il Codice Civile, tramite l’articolo 1129, dispone che la nomina dell’amministratore condominiale sia accompagnata dalla definizione del relativo compenso, da approvare tramite delibera assembleare. In particolare, l’art. 1135 rimette direttamente all’assemblea il compito di confermare l’amministratore e definire la sua retribuzione. La legge presuppone che il mandato sia retribuito, salvo diversa indicazione esplicita nel verbale di nomina o di conferma annuale. In caso di mancato accordo, sarà il giudice a determinare l’onorario facendo riferimento agli usi locali o alle tariffe professionali di categoria se esistenti.
È importante chiarire che non esiste in Italia un tariffario obbligatorio unico: le associazioni di categoria, come ad esempio l’ANACI (Associazione Nazionale Amministratori Condominiali e Immobiliari), pubblicano solo delle linee guida di riferimento. ogni assemblea può quindi accordarsi liberamente, mantenendo però la trasparenza sulle voci di costo richieste dall’amministratore.
Quanto dovrebbe essere il compenso per legge?
Sul piano strettamente giuridico, la legge non impone una cifra fissa ma stabilisce il diritto a un compenso equo e congruo, parametrato alle dimensioni, alla complessità e all’ubicazione del condominio.
Nella pratica, i compensi medi generalmente richiesti dagli amministratori di condominio nel 2024 sono i seguenti:
- Per ogni unità abitativa: dai 50 agli 80 euro annui (+ IVA). Nei grandi centri urbani e nei contesti di pregio, la cifra può facilmente salire anche a 120-300 euro annui per appartamento.
- Per condomini medio-grandi: è comune pattuire un compenso annuale complessivo che difficilmente scende sotto i 1.500 euro, anche in presenza di poche unità abitative.
- A livello mensile, il corrispettivo per unità solitamente si traduce in una fascia compresa tra i 4 e i 10 euro, con possibilità di raggiungere i 25 euro solo per immobili di alto valore immobiliare.
Il compenso va sempre approvato in assemblea e deve essere dettagliato sin dalla lettera di incarico. È bene ricordare che il pagamento è sempre a carico dei condomini, suddiviso in funzione dei millesimi di proprietà (millesimi), come definito dall’art. 1123 del Codice Civile.
Fattori che incidono sulla determinazione del compenso
Il valore del compenso può variare sensibilmente in base a diversi fattori, tra cui:
- Numero di unità immobiliari amministrate: più è alto il numero degli appartamenti, minore sarà spesso la somma richiesta per ogni singola unità, grazie alle economie di scala.
- Dimensione del condominio: edifici più complessi o dalla gestione più articolata comportano tariffe maggiori.
- Ubicazione: nelle grandi città, come Roma e Milano, i compensi sono generalmente più elevati rispetto alle aree rurali o periferiche.
- Tipologia dei servizi richiesti: ad esempio, la gestione di impianti complessi (ascensore, riscaldamento centralizzato, impianti energetici) o la presenza di strutture particolari (garage, giardini, portierato) aumentano il lavoro e quindi il corrispettivo.
- Competenze e professionalità: un amministratore professionista iscritto a un’associazione riconosciuta e aggiornato sulle normative sarà legittimato a richiedere compensi più alti, così come chi svolge consulenza tecnica o legale aggiuntiva.
Amministratore interno: cosa succede quando il ruolo è ricoperto da un condomino?
Capita spesso che, per ridurre i costi, l’assemblea scelga un amministratore “interno”, ossia uno dei condomini residenti. In questo caso la legge disciplina con chiarezza che anche all’amministratore interno spetta un compenso, salvo che l’interessato rinunci formalmente in assemblea. L’art. 1709 c.c. prevede infatti che il mandato si presume oneroso a meno che non sia indicato diversamente nel verbale della nomina o della conferma annuale. La prassi vigente suggerisce che anche l’amministratore interno riceva un compenso equiparabile a quello di mercato, appropriato alle responsabilità e ai rischi che si assume.
L’obbligo di assicurare trasparenza e chiarezza sulle voci di spesa resta identico, sia per gli amministratori professionisti che per quelli eletti all’interno del condominio.
Responsabilità e obblighi per l’amministratore
L’amministratore, sia esterno che interno, assume notevoli responsabilità civili e penali nella gestione della contabilità, dei fornitori, dei lavori e nella supervisione degli adempimenti di sicurezza e manutenzione straordinaria. Proprio per questo motivo è sempre più raccomandato che, anche in caso di gestione interna, l’assemblea deliberi e verbalizzi in modo dettagliato il compenso, i limiti dell’incarico e le eventuali spese accessorie.
A livello pratico, è obbligatorio che venga presentato all’assemblea un preventivo dettagliato con tutte le voci di costo, ogni qualvolta si rinnovi l’incarico. In mancanza di tale trasparenza, la nomina stessa può essere dichiarata nulla.
Come si calcola concretamente il compenso
Il calcolo avviene quasi sempre con una formula standard: compenso annuo per unità abitativa, moltiplicato per il numero di alloggi, con possibilità di aggiungere quote “extra” per servizi particolari (riunioni straordinarie, pratiche assicurative, richiesta certificazioni, interventi urgenti non previsti dal contratto standard). Tutte queste cifre devono essere esplicitate nel preventivo di nomina, e possono essere oggetto di revisione o contestazione in assemblea.
L’assemblea ha sempre il diritto di chiedere la massima trasparenza e può pretendere che il compenso venga discusso e sottoposto ai voti. In assenza di una chiara delibera sul compenso, l’incarico stesso dell’amministratore rischia di decadere per vizio di forma, secondo quanto espresso dall’art. 1129 c.c. e ribadito dalla giurisprudenza recentissima su questa materia.
Infine, ricordiamo che l’attività ammnistrativa, essendo ricompresa nell’ambito del mandato, può comportare anche responsabilità personali molto elevate, ed è prassi che una parte del compenso serva a coprire assicurazioni professionali, adeguamento alle normative di sicurezza e formazione professionale costante. Per una panoramica storica e giuridica sul ruolo dell’amministratore di condominio, si rimanda alle fonti specializzate.
In conclusione, la soluzione ideale rimane sempre quella dell’accordo assembleare trasparente, con verbale dettagliato, chiara ripartizione dei costi e valorizzazione equa delle funzioni e responsabilità che l’incarico comporta: questa è la miglior tutela, sia per i condomini che per chi si occupa di un compito tanto delicato e strategico nella vita condominiale.