Da marketer mi sono spesso imbattuta nella necessità di creare contenuti e prodotti che possano diventare virali, vitalità che diventa tanto più importante in un’epoca caratterizzata dalla sempre più forte presenza dei social network, sia come strumento di marketing e vendita, sia come strumento ludico.
Ogni giorno veniamo letteralmente bombardati da una marea di contenuti, da parte delle aziende e da parte dei content creator, ma non tutti sono in grado di cogliere le opportunità che questi nuovi potenti mezzi ci offrono.
Va in questa direzione ed è sempre attuale il bellissimo libro “Contagioso” che Joan Berger ha scritto sull’argomento viralità.
Berger sa benissimo che le persone amano condividere idee, storie e prodotti con gli altri e analizza quali sono le caratteristiche che permettono a qualcosa di diventare virale, dando dei consigli pratici che permettano di rendere contagioso un contenuto, indipendentemente dalla tipologia di appartenenza.
Il libro parte da un assunto: per capire come qualcosa diventa virale, non bisogna pensare a come si diffonde, ma proprio alle sue caratteristiche intrinseche, quelle che agiscono in qualche modo con la psicologia delle persone e che le portano a parlarne.
Analizzando diversi casi di fenomeni virali, Berger arriva a delineare le sei caratteristiche che contribuiscono a generare passaparola e popolarità, riassumendole sotto l’acronimo STEPPS.
Vediamole insieme.
Tendiamo a condividere cose che ci fanno apparire bene agli occhi degli altri, e in cambio otteniamo un valore che possiamo definire “valuta sociale”.
Ci sono tre passi per sfruttare questo meccanismo e rendere i nostri prodotti e contenuti più appetibili per la condivisione:
Per poter parlare di qualcosa o condividerla, bisogna averla in mente. I marketer devono essere in grado di individuare degli “inneschi” che portino gli utenti a pensare a un determinato prodotto, la cosa migliore sarebbe associare un prodotto a uno stimolo che si ritrova spesso nella nostra quotidianità, a esempio la pausa caffè, oppure dargli delle caratteristiche tali a livello di branding, che ne facilitino l’associazione. Studiando dunque touch point e momenti della vita quotidiana ai quali il prodotto o contenuto può essere collegato.
Uno dei driver principali che ci porta a condividere nella vita, attraverso il passaparola o tramite i social media, sono le emozioni che un qualcosa ci fa provare. Questo vale sia per le emozioni positive che negative, ciò che ci porta a condividerle infatti è una caratteristica chiamata arousal (stato di eccitazione, risveglio) che alcune emozioni sono in grado di generare. Usando emozioni che provocano arousal e che siano condivisibili dagli utenti, favorendo un processo di identificazione, possiamo incoraggiarli a rendere i nostri contenuti virali.
Un meccanismo sociale molto diffuso è quello dell’imitazione: se vendiamo che molte persone seguono una tendenza o comprano un prodotto, e lo vediamo anche ripetutamente, siamo portati a comportarci alla lunga allo stesso modo. In questo caso si parla di social proof, ovvero di riprova sociale, meccanismo che ci porta a preferire ciò che viene preferito dalla maggioranza.
Le aziende e i marketer devono però essere in grado di rendere visibili anche idee, prodotti e comportamenti che sono spesso privati, si riesce a farlo tramite un design che faccia sì che i prodotti si pubblicizzino da soli, o tramite i social network che rendono condivisi e condivisibili momenti di vita privata.
E’ ormai risaputo che alle persone piace condividere informazioni pratiche e utili, questo è ancor più vero oggi sui social network. I contenuti e i prodotti che generano maggior engagement e condivisione, sono quelli che offrono un’utilità tangibile e immediata. Si può trattare di un modo per risparmiare, di uno sconto o di un how to. Ci sono tantissimi esempi e per i brand questo è un vasto ambito da esplorare per avvicinarsi all’utente finale e renderlo non solo consapevole ma anche coinvolto.
Da sempre gli essere umani si raccontano delle storie, è qualcosa di innato, che rinsalda i legami sociali e permette di condividere esperienze ed emozioni.
Alcune storie hanno danno una valuta sociale, altre hanno valore pratico. Quello che i marketer devono essere bravi a fare è strutturare bene una storia e veicolare proprio questa tipologia di contenuti, collegandoli a esperienze condivisibili. Sappiamo benissimo infatti che una storia condivisa da qualcuno che conosciamo o che identifichiamo come più simile a noi o semplicemente più vicino, è più credibile di una pubblicità o di un messaggio che sia più istituzionale. E proprio per la sua natura di storia è più portata a essere condivisa.
Se ti è piaciuto questo articolo ti consigliamo di leggere anche I principi fondamentali della Customer Experience.
Consigliatissima la lettura del libro che ha dato origine a questo articolo: “Contagioso” di Joan Berger.
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