Il funnel e il "messy middle"

Il funnel e il “messy middle”

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Qualche settimana fa ho ricevuto una mail da Think with Google grazie all’iscrizione alla loro newsletter (a proposito leggi anche i 5(+1) migliori siti/blog/influencer che parlano di Marketing per essere sempre aggiornato) e mi sono imbattuto in questo interessante articolo che parlava del cambiamento nel processo decisionale dei consumatori.

Ma andiamo per gradi. Da quando mi sono avvicinato al marketing ma ancora di più al marketing digitale, il framework (modello) che mi è stato mostrato più frequentemente è sempre stato il funnel.

Il funnel

Per chi non lo conoscesse, il funnel è un modello che spiega in modo facile e intuitivo quali sono le fasi che il consumatore attraversa prima di arrivare alla (anelata dai marketers) conversione.

Ma cosa vuol dire conversione? Beh, come tutti i professionisti del marketing ti darei la risposta più comune…DIPENDE!

Dipende sicuramente dall’obiettivo che l’azienda si pone. Ad esempio, per un’azienda che gestisce un e-commerce la conversione sarà data dall’acquisto. Se si parla invece di un blog, la conversione può essere semplicemente la lettura di un articolo.

Ma quali sono le altre fasi del funnel e perché scomodare Google?

Ci arriviamo.

Oltre alle conversione ci sono altri due fasi:

  • Awareness: in generale la creazione della consapevolezza nel consumatore di avere bisogno di un determinato prodotto/servizio
  • Engagement: in questa macrofase possiamo inserire tutte quegli “stati” in cui il cliente si trova prima di procedere all’acquisto. Dallo sviluppo di un interesse specifico verso il brand fino alla valutazione delle alternative in base agli attributi del prodotto/servizio/esperienza

Dato che uno dei principali obiettivi di un’azienda è la continuità, il modello ha integrato anche le fasi di:

  • Retention (o Relationship) che si riferisce al rafforzamento della relazione con il cliente e al reiteramento dell’atto di acquisto
  • Advocacy (o promozione del brand dal parte del cliente) dove il consumatore diventa un vero e proprio ambasciatore del brand.

Fatta questa doverosa (e forse un po’ lunga premessa) passiamo al motivo che mi ha spinto a scrivere questo approfondimento.

Il processo decisionale e i bias cognitivi

Come abbiamo visto, il raggiungimento della fase di conversione da parte del cliente presume che venga affrontato un processo decisionale. Questo processo, che possiamo posizionare all’interno della fase di Engagement, è spesso caotico e non lineare.

Secondo l’articolo, le persone “cercano informazioni su prodotti e brand di una categoria e poi valutano tutte le opzioni a loro disposizione. Questo si riflette in due schemi mentali diversi: esplorazione e valutazione.”

Messy middle

Questo “messy middle”, come viene chiamato da Google, si sviluppa e si reitera dal trigger (impulso o esplicitazione del bisogno) fino alla fase di acquisto.

Le persone, inoltre, “sfruttano i bias cognitivi, o distorsioni cognitive, radicati a fondo nella mente per affrontare e gestire i concetti complessi e su larga scala”, come ad esempio il funnel. Questi bias, quindi, influenzano e modificano i comportamenti di acquisto.

Come riportato nell’articolo, lo studio portato avanti dagli esperti di Google ha fatto emergere 6 principali bias che, se compresi, aiutano i marketer ad accompagnare meglio il cliente nella sua esperienza di conoscenza e di scelta del brand:

  • Euristica di categoria: brevi descrizioni di informazioni chiave del prodotto possono semplificare le decisioni di acquisto.
  • Potere dell’immediatezza: più tempo bisogna aspettare per usufruire di un prodotto e minore diventa l’intenzione di acquistarlo.
  • Prova sociale: consigli e recensioni da altre persone possono rivelarsi molto efficaci.
  • Bias di scarsità: un prodotto diventa più desiderabile se la sua disponibilità diminuisce.
  • Bias di autorità: l’opinione di un esperto o di una fonte attendibile è particolarmente influente.
  • Potere della gratuità: un regalo incluso con un acquisto, anche se non correlato al prodotto acquistato, può essere un ottimo incentivo.

Il consiglio è di tenere sempre presente questi elementi, il loro funzionamento e la loro correlazione in modo da costruire delle esperienze che sempre più si avvicinino alle vere esigenze del cliente.

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